Studio sull’incidenza del COVID-19 durante la pandemia in 2.314 dipendenti del comune di Trieste

 mercoledì 13 marzo 2024

Trieste, 13 marzo 2024 – Appena pubblicato sulla rivista internazionale Vaccines (MPDI) uno studio di Luca Cegolon e Francesca Larese Filon dell’Università di Trieste, che ha esaminato l’incidenza del COVID-19 durante tutta pandemia (1 marzo 2020- 31 gennaio 2023) in 2.314 dipendenti del comune di Trieste.

Il rischio di COVID-19 infatti aumenta in qualsiasi ambiente lavorativo caratterizzato da interazioni sociali.
Il campione del comune di Trieste era composto principalmente da impiegati amministrativi (48,5%), maestre d'asilo (33%), personale tecnico (9,9%) e agenti di polizia locale (8,5%). Alla fine dello studio, il 55% (N = 1272) dei dipendenti era stato vaccinato con almeno tre dosi di vaccino COVID-19, mentre il 19,7% (N = 457) era rimasto non vaccinato.
Dal 1 marzo 2020 al 31 gennaio 2023, 1.444 (62,4%) dipendenti del Comune di Trieste sono risultati positivi al COVID-19 almeno una volta e 262 (18,1%) almeno due volte. Solo 20 lavoratori sono stati ricoverati in ospedale per malattie gravi, quindi il 99,9% delle infezioni da SARS-CoV-2 è stato lieve o moderato. Un solo lavoratore, precedentemente immunizzato con tripla dose è deceduto.
Entro la fine del periodo di studio (31 gennaio 2023), 25.458.763 casi cumulativi di COVID-19 casi erano stati segnalati in tutta Italia dall’inizio della pandemia.
La stragrande maggioranza delle infezioni primarie (69,3%) si è verificata durante l’ondata Omicron (1 dicembre 2021–31 gennaio 2023), periodo durante il quale si sono verificate anche la totalità delle reinfezioni.
Il rischio di infezione primaria COVID-19 durante l’intero periodo di studio aumentava in modo significativo nei dipendenti di età compresa tra 40 e 49 anni, nel sesso femminile, e (nelle prime ondate pandemiche) in categorie lavorative essenziali come gli agenti di polizia locale e gli insegnanti di scuola materna.
Durante l’intero periodo di studio, rispetto ai colleghi vaccinati il rischio di infezioni primarie era significativamente inferiore nei lavoratori vaccinati con tre o quattro dosi, per un'efficacia vaccinale del 58% e del 70%, rispettivamente. L’effetto protettivo della vaccinazione contro le infezioni primarie si confermava nella varia ondate pandemiche, con un’efficacia vaccinale del 75% con una dose contro il 99% con due dosi durante l’ondata Alpha, riducendosi leggermente a 59% e 70% con Delta. Durante l’ondata Omicron, il rischio di infezioni primarie da SARS-CoV-2 diminuiva significativamente con tre o quattro dosi di vaccino, per un’efficacia vaccinale pari rispettivamente a 58% e 91%. Inoltre, il rischio di reinfezione COVID-19 durante l’intero periodo di studio si riduceva con una, due, tre o quattro dosi di vaccino, per un’efficacia vaccinale rispettivamente del 53%, 58%, 68% e 86% contro le reinfezioni.
Non si riscontrava differenza significativa di efficacia vaccinale per terza dose eterologa (prime 2 dosi con Astrazeneca e booster con Pfizer or Moderna) rispetto all’ omologa (3 dosi di vaccino ad m-RNA, Pfizer o Moderna), sia contro le infezioni primarie che contro le reinfezioni.
In conclusione, le infezioni primarie COVID-19 erano più probabili tra maestre di scuola materna e agenti di polizia locale durante l’intero periodo studio, soprattutto nelle prime fasi della pandemia, quando le attività lavorative non essenziali sono state sospese e si prestavano anche a smart-working.
Il rischio di infezioni primarie e di reinfezioni si riduceva con dosi crescenti di vaccino COVID-19, indipendentemente dall’ondata pandemica.
Da un lato, il presente studio ha confermato l’effetto protettivo della vaccinazione COVID-19 contro le infezioni COVID-19 sintomatiche; dall’altro ha evidenziato non solo l’importanza di dosi di richiamo continue per mantenere nel tempo l’immunità umorale ma anche l’importanza di formulazioni vaccinali aggiornate per prevenire e controllare la diffusione di un virus altamente mutabile. Inoltre, l’effetto protettivo delle prime due dosi contro le reinfezioni ha confermato l’efficacia dell’immunità ibrida durante il tempo di Omicron.