Studio clinico retrospettivo per valutare l’efficacia dei farmaci anti COVID-19

 mercoledì 10 maggio 2023

Appena pubblicato sulla rivista internazionale Pharmaceuticals uno studio clinico retrospettivo per valutare l’efficacia dei farmaci anti COVID-19 in una popolazione di 386 pazienti affetti da malattia lieve-moderata ma ad alto rischio di sviluppare COVID-19 severo per varie condizioni immunosoppressive, comorbidità e/o età avanzata. Questi pazienti erano stati visitati nell’ ambulatorio COVID-19 ASUGI (unità di malattie infettive) fra il 1 Febbraio 2022 ed il 31 Marzo 2022, quindi durante l’ondata Omicron.

Lo studio, che ha visto la partecipazione dell’Unità Clinico Operativa di Malattie Infettive (Roberto Luzzati, Riccardo Pol e Omar Simonetti) e del servizio di Epidemiologia della Medicina del Lavoro (Luca Cegolon e Francesca Larese Filon) ha indagato 3 differenti misure di efficacia:

  • rischio di ricovero a 30 giorni;
  • rischio di morte a 30 giorni
  • tempo (in giorni) fra la diagnosi di COVID-19 ed il primo tampone negativo

I farmaci esaminati, somministrabili in regime ambulatoriale, sono stati tutti approvati da EMA ed AIFA:

  • Molnupiravir (106 pazienti trattati), un antivirale orale;
  • Paxlovid (102 pazienti trattati), antivirale orale di ultima generazione;
  • Sotrovimab (55 pazienti trattati), un anticorpo monoclonale somministrato endovena.

I pazienti erano stati assegnati ai vari trattamenti in base alle indicazioni AIFA nonchè alla loro compliance alla terapia. Pazienti con controindicazioni cliniche o che rifiutavano i 3 farmaci venivano trattati con terapia domiciliare standard o niente (gruppo di controllo). 

Oltre ad esaminare accuratamente le 3 differenti misure di efficacia di cui sopra, eliminando l’effetto di vari potenziali fattori di confusione, lo studio ha considerato un altro aspetto critico nella valutazione dell’impatto della malattia, cioè l’ospedalizzazione dovuta al COVID-19 da quella per altre cause.

Su 386 pazienti COVID-19 ad alto rischio di malattia severa, solo 13 sono stati ospedalizzati, ed in 2 casi il ricovero non era dovuto a polmonite COVID-19, per cui il numero finale delle ospedalizzazioni dovute al COVID-19 era 11 (2.8% del totale): 2 pazienti trattati con Paxlovid (2.0%), 1 paziente trattato con Sotrovimab (1.8%) e zero pazienti in trattamento con Molnupiravir. Otto controlli su 111 invece erano stati ricoverati (tasso del 7.2%). L’ efficacia dei 2 antivirali nel prevenire l’ospedalizzazione era 100% nel caso del Molnupiravir e 84% per il Paxlovid.

I decessi sono stati in tutto 5, ma solo 2 erano attribuibili al COVID-19 (tasso mortalità del 0.5%). Entrambi i predetti 2 pazienti deceduti avevano ricevuto terapia standard (quindi nessun dei 3 farmaci COVID-19 esaminati dallo studio): una donna di 96 anni non vaccinata ed un‘ altra donna di 72 anni adeguatamente vaccinata.

Inoltre, il tempo di negativizzazione era significativamente inferiore nei pazienti trattati con i 2 farmaci antivirali, soprattutto con il Paxlovid, rispetto ai controlli.

Si può concludere quindi che tutti e 3 i farmaci (Molnupiravir, Paxlovd e Sotrovimab) si sono dimostrati efficaci nel prevenire ospedalizzazione e mortalità da COVID-19 in questo studio osservazionale. Sorprendentemente, l’efficacia maggiore contro l’ospedalizzazione è stata riscontrata per il Molnupiravir, la cui somministrazione è stata fra l’altro sospesa dall’ AIFA il 24 Febbraio 2023. Il rischio di ospedalizzazione e morte si riduceva però anche con il numero crescente di dosi di vaccino COVID-19, il cui effetto sulla clearance virale nasale era anche un po' superiore a quello dei farmaci antivirali.

Sebbene efficaci, la prescrizione di questi farmaci anti COVID-19 dovrebbe essere pesata attentamente, non solo per contenere la spesa sanitaria (il costo attuale di un ciclo di 5 giorni di terapia antivirale orale si aggira sui 600 Euro), ma anche per prevenire l’eventuale sviluppo di ceppi SARS-CoV-2 resistenti ai farmaci, un po' come succede con le resistenze agli antibiotici nel caso dei batteri. In pazienti ad alto rischio di malattia severa la vaccinazione COVID-19 dovrebbe essere prioritaria, anche nell’ ottica di un contenimento della spesa sanitaria. Nel presente studio solo il 65% pazienti COVID-19 ad alto rischio era stato infatti immunizzato con almeno 3 dosi di vaccino.

In ogni caso, la clearance virale dal naso di soggetti infetti dovrebbe essere considerata un beneficio secondario sia di vaccini che di farmaci antivirali. Sono infatti disponibili sul mercato presidi topici come le soluzioni saline ipertoniche (a base di acqua di mare) molto più economici, innocui e caratterizzati da efficacia a largo spettro indipendente dalle varianti SARS-CoV-2 circolanti.

 

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